Ci sono tante cose qui che non capirò mai. Non sono mai stato un “frequentatore di chiese” e quello che ho visto sui campi di battaglia mi ha spinto a interrogarmi sui disegni di Dio. Ma c’è indubbiamente qualcosa di… spirituale in questo luogo e sebbene possa rimanere eternamente oscuro per me, non posso che essere consapevole del suo potere. So che qui ho conosciuto il mio primo sonno tranquillo dopo tanti anni.
Così Nathan Algren (Tom Cruise), ne “L’ultimo Samurai”.
Ad un Occidente in crisi di identità e di valori, l’estremo Oriente offre la suggestione di un luogo dove poter connettersi con la propria parte interiore. Dove potersi in qualche modo ritrovare spiritualmente.
È così?
Stamattina siamo stati accolti dalla comunità della parrocchia di Hatsudai, Shibuya. Più tardi, poco distante, siamo entrati nel tempio shintoista Yoyogi Hachimangu, dove abbiamo avuto la fortuna di assistere a un matrimonio.
Partecipare alla Messa è stato commovente ed istruttivo allo stesso tempo.
Commovente perché non si può fare a meno di dimenticare l’esempio di queste famiglie che per centinaia di anni hanno tenuta viva la loro fede sotto durissime persecuzioni.
Repressioni finite formalmente con l’avvento dell’epoca Meiji ma di fatto proseguite a lungo anche in epoca molto recente.
Istruttivo perché, come capita spesso lontani da Roma, queste comunità scelgono quotidianamente la loro vita di fede. Non se la trovano come un retaggio storico.
Allora tutto è curato fin nel minimo dettaglio. La chiesa, pulita. I canti e la liturgia sono un ricamo a una comunità silenziosa, sorridente, coesa. Sembra di essere ospiti da dei lontani cugini, si sente profumo di buono e di casa.
Per inciso, mentre da noi le vecchie sgomitano per essere in pole position alla comunione… Beh, qui ognuno attende il suo turno in fila.
Assistere alla cerimonia shintoista è stato… Commovente e istruttivo.
Commovente perché vedi che il senso del sacro è innato nell’uomo. Ovunque e sempre.
Istruttivo perché vedi finalmente dal vivo quei gesti che anche noi in qualche modo ripetiamo, al saluto prima e dopo ogni keiko. Solo che, vedendoli, ne capisci il significato profondo.
E se anche non comprenderemo mai perché ci sia gente che preghi di fronte all’immagine di un gatto col bavaglino rosso, non per questo penseremo che, nell’intimo, ogni persona non abbia spazio per il sacro.
Un sacro che qui si respira nell’armonia ricercata nelle sue espressioni fisiche e sociali. Rispetto per la natura, per il decoro, per la famiglia, per gli ospiti, per gli anziani, per i bambini.
Allora sì, qui ci sono tante cose che non capiremo mai ma c’è indubbiamente qualcosa di spirituale.